Sunday, November 30, 2008

verba non semper volant


"Don Peppino scavò un percorso nella crosta della parola, erose dalle cave della sintassi quella potenza che la parola pubblica, pronunciata chiaramente, poteva ancora concedereNon ebbe l'indolenza intellettuale di chi crede che la parola ormai abbia esaurito ogni sua risorsa, e che risulti capace solo di riempire gli spazi tra un timpano e l'altro. 
La parola come concretezza, materia aggregata di atomi per intervenire nei meccanismi delle cose, come malta per costruire, come punta di piccone. Don Peppino cercava una parola come secchiata d'acqua sugli sguardi imbrattati. Il tacere in queste terre non è la banale omertà silenziosa che si rappresenta di coppole e sguardo abbassato. Ha molto più a che fare con il non mi riguarda
L'atteggiamento solito in questi luoghi, e non solo, una scelta di chiusura che è il vero voto messo nel seggio delo stato di cose. La parola diviene un urlo. Controllato e lanciato acuto e alto contro un vetro blindato: con la volontà di farlo esplodere."
Roberto Saviano, Gomorra, cap. 8

Mi chiedevo se davvero mi rendo conto della potenza della parola, di quello che può voler dire spenderne una in più o in meno. 
Al di là del contesto di cui si parla nel brano, le parole che usiamo ogni giorno possono essere davvero pesanti, se le usiamo con coscienza di quel che diciamo.
Anzi, forse sarebbe bello tornassero ad avere un peso specifico maggiore.
Ma il solo modo per far sì che questo accada e soppesarle bene prima di usarle:
loro un significato preciso lo hanno, che noi lo si sappia o meno!